Cioè, come il Project Manager dovrebbe adattare (riorganizzare) il concetto di Team nell’era digitale e nei contesti di lavoro non in presenza – parte prima.
Siamo stati definiti “Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori” (Palazzo della Civiltà Italiana, EUR Roma).
Da ciò che emerge dai profili professionali di molti soggetti presenti nei network dedicati al mondo del lavoro, stiamo diventando un paese di Project Manager. Le figure che si ammantano del ruolo del PM sono veramente tante, quindi, o siamo veramente bravi a fare i PM, o totalmente incoscienti rispetto a ciò che dichiariamo.
In un progetto, fra gli Stakeholder il Project Manager è la figura che deve gestire tutto il processo finalizzato a produrre determinati prodotti o risultati attesi dal progetto, nel rispetto dei tempi, dei costi e della qualità di quanto rilasciato. Il Team di progetto ne rappresenta l’anima esecutiva, formato da soggetti interni ed esterni all’organizzazione cliente e guidato dal Project Manager.
Uno dei compiti più difficili per ogni Project Manager è quello di coinvolgere il Team di progetto, mettendo in gioco la propria capacità di comunicazione e leadership. E più è grande il progetto, in termini di persone coinvolte, maggiore è la difficoltà nel gestirlo nella sola modalità a distanza.
Come ben sappiamo, un Project Manager ambirebbe a poter scegliere le persone che formeranno il Team, ma non è sempre così anzi, non lo è quasi mai. Nella realtà il PM è quasi sempre catapultato nel progetto quando ormai il Team di Progetto è già magicamente presente, perché ereditato da quello precedente, o perché il PM stesso è entrato a progetto già in corso o per qualsiasi altra motivazione.
Prima che fossimo forzatamente obbligati a gestire i progetti a distanza, era normale effettuare molti degli incontri periodici con il team e/o con singoli soggetti attorno ad uno steso tavolo, cioè “dal vivo”. Ora invece stiamo operando sempre di più con Team virtuali (l’era digitale avanza) e gruppi di progetto distribuiti sul territorio nazionale e non (lavoro non in presenza).
La situazione di gestione progetti a distanza, in modo così forzato e non previsto, ha creato una serie di problemi non indifferenti a tutte le persone coinvolte. Non sappiamo bene per quanto sarà così, e comunque dovremo adattarci ad un diverso modo di operare, che ci piaccia o meno. Ma in pratica perché temiamo la gestione dei progetti non in presenza? Cioè, cos’è che ci crea ansia solo a pensarci?
- Presenza di più soggetti nello spazio di lavoro: non tutti possono avere a disposizione un castello con dieci stanze o un luogo isolato da dove potersi collegare per le videoconferenze.
In molte situazioni si convive forzatamente con altri membri familiari, che possono avere le nostre identiche, se non maggiori, esigenze lavorative. Mogli/mariti in home working, figli in DaD, oppure altre situazioni create da isolamento pandemico.
La gestione dello spazio di un appartamento, o qualsivoglia luogo di residenza non è semplice. Ci vogliono nervi saldi per accontentare le esigenze di tutti i componenti del nucleo familiare. E non è detto che ci si riesca sempre senza affrontare grossi problemi di convivenza.
Vorrei aggiungere che ad aggravare tale situazione, da più di un anno sono spuntati ovunque cantieri che effettuano lavori su palazzi condominiali, con non pochi problemi di elevato rumore durante le ore lavorative per chi opera da casa. Si riscontrano quindi situazioni di disagio non solo durante le immancabili videochiamate, ma anche nel concentrarsi per poter svolgere serenamente il proprio lavoro. In pratica si assiste ad un peggioramento del proprio stile di vita, nonostante non ci si debba recare in ufficio o dal cliente per svolgere le proprie attività, cioè: “si stava meglio quando si stava peggio”.
- Problemi di collegamento: a causa delle apparecchiature e delle tecnologie poco adatte allo scopo.
Non tutti hanno a disposizione linee internet ad alta velocità, stabili e fruibili dai luoghi in cui potremmo o dovremmo lavorare da remoto. Oppure computer non adatti a sopportare correttamente video conferenze, o scarso e non tempestivo supporto tecnologico da parte dei team di help desk aziendali.
L’effetto tangibile di quanto sopra lo riscontriamo nelle call ad effetto “chiamata dallo spazio profondo”, in cui la comunicazione va a scatti, le frasi di chi parla si odono a spizzichi e bocconi e si è obbligati a partecipare a quel gioco a sfinimento del “non ti sento, ma tu mi senti?” e così via, oppure a cadute continue di collegamenti da parte di alcuni partecipanti.
- Mancanza di coinvolgimento e demotivazione: Rischiamo di perdere il contatto emotivo con le persone con cui prima interagivamo di persona.
La sensazione che può essere percepita da alcuni membri del Team è che lo svolgimento del proprio lavoro sia svincolato da un obiettivo comune, riducendosi ad una sequenza di task in cui non ci sentiamo parte attiva e coinvolta di un gruppo, ma solamente meri esecutori. Siamo essere umani che amano interagire gli uni con gli altri, in presenza. A parte qualche caso isolato, abbiamo la necessità di incontrare fisicamente altre persone.
La conseguenza è che ognuno faccia il proprio pezzo, ma questo non sia più ricollegabile ad una visione unitaria di gruppo e di obiettivo progettuale comune. Cioè, io ho fatto ciò che dovevo fare ed ora tanti saluti, se ci sono problemi di sincronismo con altri non è affare mio.
- Trasferimento di inefficienza: Il vero problema è che con il lavoro a distanza si rischia di trasferire l’inefficienza di riunioni inutili o mal pianificate in presenza (prima) in altrettante ed ancor peggio inutili e mal pianificate online (ora).
Se vogliamo quindi evitare di andar per rane durante le riunioni online, è fondamentale definire bene anzi, molto bene, le motivazioni della riunione, chi deve illustrare cosa e scrivere nel marmo le decisioni prese, le azioni da effettuare, chi le eseguirà e come si verificherà che tutto proceda secondo quanto concordato. Se non operiamo così, la conseguenza è perdere molto tempo in riunioni inutili, mal gestite e con persone che tendono a farsi gli affari propri durante la call se non coinvolte direttamente su un tema specifico.
Come fa quindi il PM a tenere sotto controllo il Progetto senza passare la vita in una Call perenne dall’alba al tramonto, e ad avere un gruppo di lavoro coeso e partecipe sugli obiettivi comuni?
Nel prossimo articolo parleremo di come i Project Manager professionisti agiscono per raggiungere gli obiettivi sopra descritti: “Com’è bello fare Team da Trieste in giù (come i Project Manager professionisti lo fanno)”
Stay Rock, Stay tuned…
Circa l’autore: Claudio Tomadini, Experienced Program/Project Manager with a demonstrated history of working in the information technology and services industry. Skilled in Project/Program Management, Business Process, IT Service Management and Strategy. But remember: All work and no play makes Jack a dull boy…